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Immagine del redattoreSerena

One shot: Ju

Mi brucia la gola. Forse ho urlato troppo, ma è stato necessario. Mantengo l'espressione seria, le sopracciglia leggermente corrucciate e tento di ricacciare indietro le lacrime e di comportarmi come una giovane adulta quale sono.

<Ti prego,Ju,è l'ultima volta.Ti prometto che è l'ultima volta. Avevi detto che non mi avresti mai abbandonato nei momenti difficili, e questo è un momento difficile. Ho bisogno del tuo aiuto. Mi serve solo qualche banconota. Non ti chiedo tanto>

La voce di Mirko è ridotta ad un sussurro ed è spezzata dalla fatica. Tiene gli occhi bassi perché sa che ho ragione, sa che questa non sarà l'ultima volta e sa che non mi darà indietro neanche un centesimo di tutto quello che gli ho prestato.

E' diventato l'emblema dell'uomo disperato. E' stato divorato da tutto ciò che può divorare. Si è abbandonato agli avvenimenti senza provare a controllarli e ha lasciato andare la sua dignità senza problemi. Mirko non è più l'uomo che un tempo mi piaceva perchè non è più nemmeno un uomo. Potrei dire di averle provate tutte per aiutarlo, potrei costruire questo quadro perfetto e frequente nei film americani di buona riuscita, ma la verità è che l'ho capito già dal secondo anno del nostro fidanzamento che Mirko avrebbe intrepreso la sua via contorta inarrestabile.Ho capito che lui non ce l'avrebbe fatta, che sarebbe andato alla deriva, ma ho preferito lasciarlo fare. Le persone sono artefici delle loro scelte, sarebbe stato inutile sprecare fatica ed energia per una persona destinata a fallire. Tuttavia, non sono mai riuscita a fermarlo quando frugava nel mio portafogli, con le dita tremanti e le borse sotto agli occhi provenienti dalle notti insonni passate a capire come poter sopravvivere. Mi ha sempre fatto molta pena. Ma adesso io mi sono laureata, devo andarmene da questa città, ed è giunto il momento di lasciarlo annegare nella sua stessa pelle.

<Non mi chiamare ju, mirko. Il mio nome è Giulia. Te lo ricordi questo o no? O tutta la roba che ti fumi ti ha fatto anche dimenticare il mio nome?>

<Ti prego,ju...non dire così...ti prego.> Mi si fa vicino, fa correre una mano tra i miei capelli castani,accompagna le ciocche fino alla schiena e mi sfiora il bacino con le dita. Per quanto mi possa dolere prolungare il contatto fisico con una pelle tanto arida e tanto malandata, gli afferro il viso tra le mani e lo costringo a guardarmi negli occhi. La violenza che prorompe dalle mie iridi scure lo investe facendo correre sul suo viso delle lacrime da coccodrillo come un martello che spacca il guscio di un uovo.

<Mirko, io non ci sarò più: me ne vado. Lo capisci? Mi spiace, ma la tua vita non mi riguarda > lo spingo via con forza, facendolo urtare contro il tavolo del soggiorno della casa emergente offerta da un suo caro amico. Recupero la mia borsa gettata sul divano e me ne vado. Spero che io non senta più parlare di Mirko nella mia vita . Chiudo la porta alle mie spalle e galoppo con il cuore in gola giù dalle scale, frugando nelle tasche in cerca di una sigaretta. Ho miracolosamente trovato anche un accendino quando attraverso il portone.Il freddo mi tranquillizza e piano piano riprendo a respirare regolarmente. Mi porto la sigaretta alle labbra e la accendo mentre raggiungo la macchina parcheggiata poco lontano casa di Mirko. Il fumo mi penetra nei muscoli e li distende con dolcezza. Entro in auto e poggio la testa sul sedile, chiudendo gli occhi e facendo gli ultimi tiri. Mi massaggio le tempie con le dita, sospiro gettando il mozzicone dal finestrino. Aziono la macchina e parto: alle 18 devo passare da mio fratello a salutare jacopo.


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