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  • Immagine del redattoreSerena

Come tu mi vuoi: storia di una donna ipersessualizzata

Aggiornamento: 13 apr 2020

Guardo la Donna ideale dal divano e poi evito lo specchio: questo mostro bellissimo me lo trovo ovunque. Mi appare nelle pubblicità, in televisione, è onnipresente sui social. E' una Donna senza nome che stento a credere che esista: mette in vetrina facce pre-orgasmiche, è bella e lo mostra sfrenata, si fa meta orgogliosa di più sguardi possibili. E' poco vestita, arrogante, mi sbatte in faccia una sessualità violenta, esplosiva, che cerca ad ogni costo la trasgressione. Dice quindi di essere emancipata, e nel prendere gli uomini proclama estrema perizia, mostra di non arrossire a parlare pubblicamente di sesso, la sua impudicizia è sinonimo di forza e carattere. E' realista, poco romantica, spesso volgare, ad annientare ogni limite a riprova di quanto lontano può andare, quanto provocante può essere.

Tu devi essere così sembra suggerirmi la ricorrenza del suo fantasma ma io la guardo dal divano, un po' confusa, profondamente ferita. Cosa mi toglie, lei ad apparire così, a me ragazza fuori dalla vetrina e che- fuori da quella vetrina- ci vorrei rimanere?

Partiamo dal principio. E' il 1997 quando Fredrickson e Roberts iniziano a parlare di oggettivazione sessuale, ossia: vedo il tuo corpo, non vedo te. E' una micidiale metonimia. D'un tratto non sei più umano, sei una bella merce, un pezzo di carne.

Questo vuol dire che, nell'ordine: sei uno strumento che mi serve. Visto che mi servi, quello che provi tu non ha importanza perchè sono io il centro di questo rapporto. In quanto strumento, sei inerte- cioè non agisci- e quindi non ti autodetermini, e come potresti senza agire? A questo punto, visti i miei scopi e la tua mancanza di profondità- sei d'altra parte tette e culo, niente più- equivali a mille altri oggetti, e sono io a fare di te notte e giorno.

Ovvio che sì, lettore, messo nero su bianco, nessuno accetterebbe di stare ad un gioco con queste regole ma funziona tutto più sottilmente e spesso entriamo a farvi parte senza neppure avvedercene: stare fuori da quella vetrina non è cosa da tutti, se la vetrina è grande quanto la società intera. E' un in\ out: a chi accetta di trasformarsi, assuefarsi, ipersessualizzarsi ad ogni costo, è promessa una vita tutto sommato più semplice, un'ascesa sociale agevole quasi.

Ci dimentichiamo che diventiamo a quel punto solo bellezza: non siamo più intelligenza, morale, sensazioni. Siamo corpo.

Le conseguenze sono altrettanto subdole, quasi quanto il gioco. D'altronde qualcuno diceva che la ricompensa del conformismo è che piaci a tutti, tranne che a te stesso. Corriamo dietro a qualcosa che non siamo e che non possiamo essere; divenire qualcosa che ci è estraneo non è possibile, e se d'altra parte non possiamo essere, non ci rimane che apparire : viviamo ossessionati dalla nostra immagine, vigiliamo su questa in maniera pedissequa. Siamo ansiosi, proviamo vergogna se siamo dissimili, e tali stati sovente diventano patologie, prime tra questi i disturbi alimentari. Veniamo dis-educati all'amore, dimentichiamo l'empatia. Cito qui una canzone molto popolare, che valga per le mille altre di questo genere. Katy Perry in I kissed a girl parla di un bacio saffico come uno strumento come un altro di autoaffermazione di sé, come esperienza egotica e non piuttosto come un momento affettivo, intimo con un'altra persona. Ma, non dimentichiamoci: la persona non c'è, è rimasto l'oggetto. Qualsiasi tentativo di empatia non sarebbe solo fallimentare ma completamente inutile.

Ancora seduta sul divano, ricordo che a me l'empatia piace particolarmente. E allora smetto di guardarmi come mi guardassi con gli occhi di un uomo, di una macchina fotografica, smetto di vivere costantemente come fossi sulla scena di un film porno: io non voglio più guardare a me come ad un oggetto e non voglio più guardare ad altre persone come avessero abdicato a quel che sono.L'apparire mi lascia poco sazia e, a lungo andare, lascerà vuoti pure quelli che della mia apparenza si sono inizialmente beati. La Donna ideale continua a guardarmi col suo seno ben in vista dallo schermo della TV, ancora provocatoria, i capelli alzati, stretti tra le mani.

Spengo la TV.

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