Andrea aveva da poco compiuto 16 anni e allo scoccare della mezzanotte, s'era recisa i capelli lunghissimi, bruciati dal sole, li aveva visti cadere come appassiti e ora- senza quel peso- sentiva che leggermente poteva saltellare da uno scoglio all'altro;
Le lunghe gambe quell'estate avevano assunto tratti quasi da donna, non erano più quei tentacolacci abbrustoliti dal sole dall'andatura dinoccolata che sapeva bene ma si erano riempite, sopra il ginocchio e pure sui fianchi, sulle natiche, le era parso di farsi più ingombrante, più pesante. Doveva toglier peso, e s'era levata via tutti i capelli: le ciocche corte ora gli stavano in capo come piccoli nodi fuori posto.
Il cielo abbacinante di quel primo pomeriggio, nell'ora sonnolenta della siesta, era riempito solo dalla risacca del mare tra gli scogli neri: l'acqua si insinuava tra le rocce verso riva facendo una sorta di risucchio. La madre se ne era rimasta a leggiucchiare qualcosa, lontano, su al chiosco, con quegli occhiali neri a maschera che le coprivano buona parte del viso: l'avrebbe sentita chiamare non prima d'un'ora, aveva tutto il tempo. La raggiungeva un motivetto allegro, l'ultimo dell'estate, che veniva dalla radio accesa al bar del lido.
Andrea s'era messa a cercare un punto buono per gettarsi in acqua, e puntellava bene i piedi, attenta a non cadere. Quando fu estremamente certa di aver trovato il punto migliore, si lasciò cadere nel mare: le piaceva la sensazione del fresco dell'acqua che le lavava il sudore, il pizzicorio del sale sulla pelle. S'era messa a pancia all'aria: il papà, molti anni prima, le aveva insegnato, ancor prima di sapere nuotare, a fare la morta a galla.
“Uè, Andrè! Andrè!”
Si ridestò, Antonio la chiamava dagli scogli, da dove poco prima si era buttata. Negli occhi dell'uomo brillava una luce azzurra quasi violenta che aveva ferito il cuore della ragazza fin da subito. Si affrettò a nuoto, e si tirò fuori, appigliandosi alle rocce e facendo leva con le braccia. Si mise a sedere col sole che le scendeva lungo la schiena.
“Che tieni?” sorrise lei, rivelando un accento da periferia aspro e crudele, così poco intonato al suo aspetto efebico.
“Ti volevo fare vedere una cosa, nennè”
Quello s'era già avviato, e non servì aggiungere altro perchè lei lo seguisse: camminavano ora sulla sabbia, lungo la battigia. Gli stava avanti di due passi, e si voltava di tanto in tanto per vedere se ancora gli teneva dietro, e sì, gli veniva appresso, i capelli sporchi di sale, il costume che ancora le gocciolava addosso, le guance avvampate sull'abbronzatura. Le cosce le sfregavano e le lasciavano sulla pelle delle bolle rosse. La musica dal lido giungeva sempre meno, scomparve presto.
Camminarono a questa maniera una decina di minuti.
C'era un ponticello di cemento che lasciava un arco per passarci sotto, con la schiena piegata, e, appena oltre, uno spiazzale di cemento che dava sull'acqua alta. Un gabbiano volò via non appena furono arrivati.
“Sai che bei tuffi ci puoi fare?”
“Che c'è, ci porti le femmine qui?”
Antonio sorrise. In quegli occhi tondi tondi brillavano fiochi i primi lampi di malizia, e pure quelle labbra ora scoprivano una risata a mezza bocca che finalmente d'innocente non aveva nulla.
Lasciò perdere, e svogliatamente si mise a sedere. “Ti piace o no?”
“Sì. Tu il bagno non te lo fai?”
Già quel bagliore sinistro le era sparito dal volto, i tratti le erano tornati armonici. Scosse la testa. La guardò tuffarsi di testa, tagliare l'acqua, rimanere immobile a lasciarsi traportare dalla corrente per secondi lunghissimi. Le braccia belle agitarsi, scalmanarsi, tacere, giacere, cadere. L'increspatura delle labbra quando gli diceva qualcosa, il rilfesso delle onde negli occhi scuri, ora quieti, ancora da fanciulla, ora prepotenti, ambigui, luciferini. Si levò dall'acqua dopo venti minuti di bagno e si stese sulla pietra nuda, al sole, come una lucertola. I peli biondi attorno all'ombelico le formavano una forma strana.
“Ma tu mi vuoi bene, a me?”
Il sangue le pompò impazzito anche nelle orecchie, aveva preso a correre all'improvviso una corsa sfrenata. Perchè Antonio glielo chiedeva?
Si levò a sedere, annuendo pianissimo. Quel semi adulto le piaceva, pareva fosse fatto dal sole e poi dal sole consumato, indurito: le mani tozza e ruvide e i bei capelli biondi, il petto e la schiena grandi, forti, larghi. Sentì qualcosa nello stomaco che la scaldava.
Notò che pure le onde ora sembravano essersi ritratte, il sole rimbalzava bianco sul cemento: il silenzio s'era fatto spesso, sacrale. Si incantò a guardargli un capello che gli sfiorava le sopracciglia, scese con lo sguardo, la catturarono le montagna di due labbra screpolate: Antonio le si avvicinò pianissimo, passandole una mano sulla guancia, lentamente, lentamente, così che avesse potuto capire le sue intenzioni e ritrarsi, qualora non avesse voluto. Non accadde: consumarono un bacio asciutto, casto e poi forzato, violento. Le mani dell'uomo la presero per le spalle, mentre ancora famelico palpitava quel bacio, ancora bruciava sulle loro lingue. La ragazza si staccò, ansante.
“Scusa, mamma mi chiama.” disse in fretta, alzandosi, correndo veloce oltre il ponte, sparendo presto all'orizzonte.
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