Le colonne si rincorrono e tendono le braccia, l'una all'altra; continuano a seguirsi, ossessive, non c'è movimento in loro. Eppure, l'eterno. Mi trascinano, mi invitano, sono suadenti: mi chiedono di raggiungerle, pormi nel mezzo. Oltre, dicono.
Vai oltre, mi dicono, cosa ti frena? Perchè hai paura?
Salgo il primo gradino e i bisbigli si fanno più fitti: le sento vicine, ora le vedo muoversi più vividamente. La loro pelle di marmo sussulta: è viva, vibrante. Hai paura? Hai paura, mi dicono ancora. Ho paura di ciò che non conosco. Colonne, voi mi intimidite. Salgo altri gradini senza che neppure me ne accorga. Sirene diaboliche, voi, voi che ora controllate il mio stesso corpo, voi che ora mi estraniate da me stessa, mi private; ora io non sono, con voi non posso più essere.
Sono tra voi, ho paura, accoglietemi, ho paura.
Questa è l'arte a chi ama; l'assoluto, il mutaforme, tutto e l'opposto di tutto, nessuna definizione
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