Antonella era una donna brutta: sembrava avesse un corpo deforme, le braccia flaccide, il seno pesante e cadente di cui faceva gran vanto, fasciandosi in vestitini troppo piccoli per la sua mole; al lido nessuno la guardava, e lei s'atteggiava come se tutti guardassero lei sola. Si era affittata una cabina e un ombrellone per stare vicino al futuro marito: si metteva sulla sdraio, le membra enormi sembravano espandersi come un impasto crudo, i capelli neri e mossi che le ricadevano sulle spalle, e passava la giornata tra una rivista scandalistica, lunghe sfilate sul bagnasciuga, e qualche bacio al suo uomo.
Andrea rimaneva appollaiata su uno scoglio per qualche minuto a guardarla e poi se ne scendeva e correva da Caterina e Simona.
“Ma l'avete vista? Perchè Antonio sta cu' ess?”
“Perchè ten i sord. Ma a te che frega?”
Andrea diceva niente e se ne andava di nuovo. Stentava a capire, e gli accadimenti d'improvviso le sembravano accavallarsi in maniera casuale; quella donna era l'elemento di malevolo scompiglio e se la sognava la notte, la sognava che le strappava il cuore da petto e si portava via Antonio e baciava le labbra che lei pure aveva baciato. Si risvegliava disgustata: era iniziato per lei un vagare inquieto, in cui ora si risolveva di riprendersi Antonio, ora il sentimento di schifo e rabbia coinvolgevano lui pure che l'aveva così facilmente ingannata, pensava di non andare più al lido, e ora di andarci e di mostrarsi bella ma poi si gelava: Antonella era almeno dieci anni più grande di lei e quella sua abbondanza era un'abbondanza femminile portata all'estremo, e invece lei, piccola e scura, con i modi nervosi e la parlata dialettale si sentiva poco più che un ragazzino di strada.
Stava, quella mattina, tra le file delle cabine: un corridoio lungo di sabbia all'ombra, riparato dalle persone, dove pure i rumori sembravano giungerle ovattati. Quando vide Antonio dirigersi verso un casotto pensò di starlo solamente pensando ma quando pure lui alzò gli occhi e la vide, il lampo che gli squarciò il viso non poteva averlo solamente immaginato. L'uomo riabbassò gli occhi, infilò la chiave nella toppa, e la porta si schiuse.
Scattò allora senza pensare, gli prese il polso, lo spinse dentro, lui indietreggiò a peso morto quasi sorridendo. La porta sbattè dietro di loro: la penombra era rischiarata da una luce polverosa che veniva dalle fessure orizzontali sulla porta ma bastava loro per guardarsi in faccia, essendo l'ambiente piccolo. Gli occhi di Antonio brillavano cupidi.
“ Strunz!”
L'uomo le afferrò la mano e se la portò sulla guancia, gliela baciò, se la strinse al cuore.
“Devi calmarti, Andrè. Te lo avrei detto.”
“Perchè stai cu ess? Ti piace?”
Antonio non rispose, se la portò vicino, tanto vicino da baciarla di nuovo. Le strinse le mani attorno ai fianchi come a volerle strappare la carne, i vestiti, la rabbia di dosso. Non ebbe pudore, non più l'accortezza della prima volta. Era ora solo famelico e cattivo, e negli occhi non aveva più quiete alcuna.
“Non sono cose tue. Mo' vattene che se Antonella ci trova qua...” non finì la frase ma si sporse oltre le sue spalle, le aprì la porta.
“Antò...ma noi che siamo?”
L'uomo divenne di pietra, l'aria interrogativa di chi è appena stato colpito senza aver fatto nulla. La guardò a lungo, come stentasse a credere di dover rispondere davvero. Lei non si mosse di un passo.
“Niente, che dobbiamo essere. Ora devi andartene.” la prese per le spalle, la spinse fuori, richiuse l’uscio.
“Perchè lo hai fatto?” urlò alla cabina chiusa. Un'eco le rispose ancora che doveva andarsene.
Andrea quella porta allora l'avrebbe rotta a mani nude, se non avesse sentito, poco distante, la voce della madre che la chiamava. Ricacciò il pianto in gola e corse verso la voce della donna.
Si era a metà Agosto e il paese si allestiva per la festa del santo patrono: ci sarebbe andata con Simona e Caterina e forse ci sarebbe stato anche Agostino con i suoi. C'erano festoni e luminarie, la musica e l'odore delle noccioline. Aveva scelto l'unico vestito scuro che aveva perchè ricordava, una volta, di aver visto una modella su una rivista patinata indossarne uno. Aveva provato anche a roccogliersi i capelli ma li aveva tagliati troppo corti per poterseli legare.
La madre le aveva detto non sarebbe andata, e lei uscì dalla pensione subito dopo cena con uno strano delirio di onnipotenza nel cuore: si sentiva bella in quella sera gentile. In certi fine giornata d'estate sentirsi in cima al mondo è d'obbligo, specie se di lontano c'è ancora il respiro del mare e non c'è al tuo fianco la figura opprimente d'un genitore. Arrivò in piazza in qualche minuto e si ricongiunse facilmente con le compagne: quelle stavano già in attesa di Agostino sedute sulle scale della chiesa.
“Oggi al lido ha detto sarebbe venuto.” si dicevano l'un con l'altra, sistemandosi reciprocamente le trecce o la frangia. Passarono in lontananza anche Antonio e la consorte ma Andrea disolse lo sguardo: finchè non li vedeva, non c'erano. E così fu: dopo 10 minuti che Agostino non veniva, le tre ragazze si gettarono nelle danze, in balli sfrenati da capogiro, adosso l'un con l'altra.
Non essere geloso, se con gli altri ballo il twist..
Ballava ormai da mezz'ora quando, tra la folla, un braccio la tirò indietro: era Antonio.
Con te, con te, che sei la mia passione...
“Me lo concedi questo ballo? Antonella è andata a casa.”
io ballo, il ballo del mattone..
Lei gli prese la mano perchè quella sera era bella, era estate e il vento fresco e profumato le prometteva l'amore. Antonella sbiadì.
Коментарі