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Antonio: la corriera (epilogo)

Aggiornamento: 13 apr 2020

La mattina dopo, all'alba, la madre si era già levata e aveva appoggiato sul tavolino le loro due borse, e camminava da una camera all'altra come avesse gran fretta.

Andrea si alzò intontita con ancora il sapore del vino sulla lingua, l'odore del collo di Antonio nelle narici.

“Mamma, non andiamo al mare oggi?"

La donna la scrutò, lo sguardo scoccò fulmineo come un lampo. “Non ti ho insegnato ad andare con gli uomini destinati ad ammogliarsi, Andrea. Oggi ce ne torniamo a Napoli.”

Alcune signorotte benpensanti che da gran tempo avevano perso tutta la loro piacenza, quello stesso fascino sottile da donna che di giorno in giorno si rivelava nei tratti di Andrea, a vedere la ragazza allontanarsi lungo la stradina buia che portava alla spiaggia sotto braccio ad Antonio nel mezzo della festa, si erano risolute che fosse cosa buona e giusta avvisar la madre, chè raddirizzasse quella figliola degenera.

Andrea lo immaginò soltanto: è la leggendaria conformazione del paese, quel che si fa, necessariamente si viene a sapere. Nel giro di un quarto d'ora, la camera rimase vuota e la Madre salutò Annalaura accennando ad un impegno improvviso ma la vecchia sorrise come non faceva mai: doveva esserle giunta qualche voce, e questo voleva dire che ormai la notizia risuonava ad ogni angolo- ed era da quel disonore inaspettato che scappava e si trascinava via la figlia perchè non la macchiasse ancor di più quell'onta, e correva a prendere la corriera come a volersi lasciare alle spalle una dimensione deforme. La ragazza, dal suo canto, non poteva pensare ad altro se non ad Antonio, al fatto che fosse costretto a lasciarlo solo, e annaspava nel panico del non poterlo più rivedere: avevano attraversato la piazza a passo svelto, sotto un sole già cocente. Antonio stava sull'uscio del panificio, accanto alla sorella. Parlavano animatamente, forse d'affari. Si videro e già Andrea stava per lanciarsi in un saluto accorato, a salutare l'uomo che pure perdutamente amava, quando quello abbassò gli occhi e tornò a parlare con la sorella.

Non la salutava neppure? Eppure, era evidente stesse lasciando il paese, così carica di borse.

La consapevolezza ultima dell'inganno venne a gravargli il petto, come un liquido denso. Sentì i polmoni rompersi come fossero di vetro. La donna le prese la mano- e tanto può l'amore di una madre- e affrettò il passo. Non disse niente per il resto del viaggio ma la guardava più teneramente, come si rimproverasse di non averla potuta proteggere dalla devastazione d'un primo amore assurdo. Come se, d'altra parte, avesse potuto.

Una corriera semideserta le lasciò nell'afa di una Napoli d'Estate, dove solo qualche macchina passava lenta, tremula nel caldo. I loro passi sembrarono rallentati dall'aria di città e rallentate passarono quelle ultime settimane di Agosto, dove di tanto in tanto, Andrea si metteva dinnanzi allo specchio a guardare come le si levava l'abbronzatura. La seconda settimana di Settembre piovve e fu il chiaro segnale che la scuola stava ormai per ricominciare.

Solo allora la ragazza ebbe il coraggio disfare le valigie e di mettere via i costumi. Non pianse in realtà poi tanto: quando le si stringeva il cuore, si metteva sul letto e canticchiava qualche parola di una canzone che le era rimasta in testa.

"Mi son bruciata al fuoco del tuo grande amore che si è spento già." gridava " ma che freddo fa!"; scoprì che funzionava quasi sempre. E quello che non poté quella canzone, lo fecero i banchi di scuola. Da che mondo e mondo, l'amore dei ragazzi è violento e breve; scoppia, urla, scompare. Alle volte rimane un ricordo, altre volte neppure.

Per gli anni successivi nessuno più tornò ad Amalfi e nessuno fece il nome di Antonio.


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