Nome: Achille. Segni particolari: Ira. Origine: semidivina.
Urla Achille contro l'onore disconosciuto, contro Agamennone che gli sottrae la schiava. E tu, narrami o diva, questa ira funesta che infiniti lutti provocò agli Achei, raccontami l'eroe temuto persino dai suoi stessi compagni
Achille è un mostro: l'epica gli affibbia il titolo d'eroe e lo condanna alla dimensione abnorme di titano. E' un uomo dalle passioni tanto violente da essere storpie: e allora perchè lo consideriamo per eccellenza l'eroe della classicità? Lo immaginiamo dimostrare il suo valore in battaglia, orgoglioso e strettamente legato agli affetti, magari bello, forte, con l'armatura che luccica al sole. Tutt'al più, lo accusiamo di essere leggermente capriccioso ma nulla di imperdonabile. Sbagliamo.
L’epica non è ambientata in quella Grecia classica di cui amiamo l’equilibrio, la delicatezza dei marmi bianchi, la moderazione. In questo non tempo arcaico l’eccesso è una componente primaria: il lutto delle donne è clamoroso, la violenza estraniante e ferina, l’ingordigia ossessiva, e il nostro bello, in tutte le sue passioni, è perfettamente inserito in questo contesto.
Ricondurre Achille ad un protagonista di un romanzo borghese vuol dire snaturarlo: egli non è più Achille. Per capirlo, bisogna capire l'epica. E ricollocandolo nell'epica, dobbiamo rinunciare alla sensibilità moderna.
Quando gli viene chiesto di partire per Troia, Achille, figlio di Teti e Peleo, sa che perderà la vita. Un oracolo ha infatti predetto la sua morte alla madre, Teti, che l'ha fatto rifugiare presso Licomede, re di Sciro. Le mamme si preoccupano, si sa, e la vita gli sta dando due possibilità: una vita lunga e ingloriosa o una morte da eroe. E lui è Achille, la scelta possibile è una sola; Calcante infatti, indovino degli achei, ha predetto che Achille serve necessariamente per sconfiggere Troia. Senza Achille, non ci sarà vittoria. Figurarsi: Achille sceglie la morte. No, anzi, la morte no: Achille sceglie la gloria- la morte è un effetto collaterale poco rilevante.
Eccolo che parte: Greci contro Troiani, la causa scatenante è una Donna, Elena, moglie di Menelao che ha pensato bene di scappare col più vile dei figli del re di Troia, Paride. In realtà, solo un piccolo excurus, questa guerra realmente combattuta scoppiò probabilmente per il controllo sullo stretto dei Dardanelli, via commerciale ricchissima, e non per le grazie di una bella.
In ogni caso, qui inizia il racconto di questo signore non meglio definito se non come Omero, l’Iliade: Achille si ritira dalla guerra, dopo che Agamennone gli ha sottratto la schiava. No, Achille non soffre pene d’amore per Briseide, non è orgoglioso- almeno non solo quello: si vede negare quella scelta di gloria di cui prima. Perchè? Perchè noi oggi siamo qualcuno perché scegliamo di esserlo, nell’epica vige la società della vergogna: si era qualcuno perché gli altri ti riconoscevano come quel qualcuno. Achille non può essere un eroe, se non gli viene dato l’onore del bottino. Non ha senso a quel punto che lui combatta. Eccoli, uno alla volta, si rivelano gli eccessi del nostro protagonista: il pianto liberatorio che rivolge alla madre, le torture che infligge al cadavere di Ettore, le lacrime che versa con il padre di chi ha appena torturato, Priamo,e i 13 giovani troiani che brucia sulla pira funeraria dell’amico Patroclo. Gli studiosi l’hanno definito: Achille, la bestia. Ma è in questi eccessi, che noi pure condanniamo, che Achille si dice eroe. Un eroe di altri tempi, estraneo.
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